venerdì 16 dicembre 2011

Comunucato Stampa 09 dicembre 2011

20 PETIZIONI TRA TORINO E PROVINCIA PER DIRE “NO ALL’INCENERITORE”

Cresce il numero di Comuni dove si raccolgono firme contro l’impianto del Gerbido,

minaccia per l’ambiente e la salute dei cittadini,

a fronte di strategie più salubri, economiche ed efficaci per lo smaltimento dei rifiuti

Il Coordinamento No Inceneritore Rifiutizero Torino ha scelto la strategia delle petizioni popolari per

portare all’attenzione delle amministrazioni comunali e dell’opinione pubblica i gravi rischi connessi

alla costruzione del nuovo inceneritore del Gerbido.

A meno di un mese dall’avvio della raccolta firme nel capoluogo (sul cui territorio sorgerà l’impianto), è

già salito a 20 il numero di Comuni in provincia di Torino in cui sono state intraprese le medesime

iniziative: oltre a Torino, anche ad Almese, Caselle, Buttigliera Alta, Borgaro, Beinasco, Collegno, Druento,

Grugliasco, Moncalieri, Nichelino, Rivalta, Rivoli, Pianezza, Piossasco, Rosta, San Mauro Torinese, Settimo

Torinese, Trofarello e Venaria Reale.

La richiesta principale che accomuna tutte le petizioni è l’immediata sospensione dei lavori di

costruzione dell’inceneritore. Non manca però un appello alle amministrazioni per il raggiungimento -

entro il 31 dicembre 2012 - di quota 65% nella raccolta differenziata e per il passaggio definitivo alla

modalità “porta a porta” sull’intera area urbana. Si chiede inoltre l’assunzione di iniziative presso

Provincia di Torino e Regione Piemonte allo scopo di ridefinire i piani di gestione dei rifiuti escludendo gli

impianti a combustione, promuovendo la graduale chiusura delle discariche nonché il raggiungimento

dell’obiettivo “rifiuti zero” entro il 2020.

Un obiettivo senz’altro ambizioso, quest’ultimo, tuttavia raggiungibile grazie ad una strategia che si basa su

5 pratiche fondamentali (le “5R”);

1. Riduzione della produzione dei rifiuti attraverso azioni sia normative nei confronti dei produttori, che

educative nei confronti dei consumatori.

2. Riparazione di beni durevoli, mobili, vestiti, infissi, sanitari, elettrodomestici e così via, attraverso la

realizzazione di centri adibiti a tale scopo, che possono trovare posto all’interno di edifici già

esistenti, opportunamente riadattati.

3. Riuso dei beni ricuperati, una volta rivenduti sul mercato.

4. Riciclo attraverso la realizzazione di piattaforme impiantistiche per il riciclaggio e il recupero dei

materiali, anche di quelli sfuggiti alla raccolta differenziata, finalizzato al reinserimento degli stessi

nella filiera produttiva.

5. Riprogettazione degli oggetti non riciclabili con fornitura di un feedback alle imprese produttrici

(realizzando così la “Responsabilità Estesa del Produttore”) in modo tale da diminuire il più possibile

l’impatto sull’ambiente.

Tale strategia è già attuata in diversi paesi nel mondo (Stati Uniti, Australia, Canada, Argentina, Filippine) e

anche in Italia, dove i comuni a “rifiuti zero” sono abitati da oltre 3 milioni di persone. Un tassello importante

è costituito dalla gestione a Freddo dei rifiuti attraverso il trattamento meccanico biologico (TMB):

questa valida alternativa all’incenerimento è stata sperimentata nella cittadina di Vedelago, in provincia di

Treviso, con ottimi risultati.

Tornando all’inceneritore del Gerbido, preoccupano soprattutto gli effetti negativi sulla salute umana

derivanti dalle emissioni dei fumi: la combustione dei rifiuti produce infatti diossine (cancerogeni certi),

nanopolveri (particelle di dimensioni più piccole dei PM 2,5) che i filtri non possono trattenere e che

penetrano in profondità nell’apparato respiratorio, metalli pesanti, ossidi di azoto e zolfo. Queste

particelle, assorbite dall’organismo attraverso l’aria e i cibi coltivati in terreni su cui esse ricadono,

indipendentemente dai limiti emissivi fissati per legge e sommandosi alle emissioni delle numerose altre fonti

inquinanti (ad esempio la tangenziale, la vicina azienda Servizi Industriali, ecc..) contribuiranno ad

aumentare tumori, patologie polmonari e cardiache, disturbi ormonali e del sistema immunitario.

Numerosi studi hanno già dimostrato che questi danni alla salute - la cui incidenza è maggiore fra i

bambini - sono reali e tali da determinare un incremento della mortalità fra i residenti in prossimità degli

inceneritori. Tali ricerche sono state condotte in Toscana, in Emilia Romagna, nei dintorni di Roma e di

Prato, su un campione di 25 Comuni sparsi in tutta Italia e in molte altre aree geografiche. Non mancano,

poi, esempi di inceneritori chiusi in ogni parte del Paese a causa di elevate emissioni, irregolarità nello

smaltimento degli scarti, mancata trasparenza nei controlli: fra questi ricordiamo Colleferro (RM), Pietrasanta

(LU), Melfi (PZ), Maglie (LE) e Scarlino (GR). Oltre alla diminuzione dell’aspettativa e della qualità di vita a

causa delle patologie sopra indicate, i modelli evidenziano anche ulteriori problemi, come nascite pretermine,

neonati con peso inferiore alla media, prevalenza di un sesso alla nascita e aborti spontanei.

Altra questione riguarda lo smaltimento delle ceneri prodotte dalla combustione dei rifiuti, visto che in

natura “nulla si crea e nulla si distrugge”: ogni tonnellata di queste ceneri contiene da 2 a 11 μg di diossina.

L’inceneritore non eliminerà, dunque, il problema delle discariche, poiché occorrerà crearne di nuove per

contenere questo tipo di rifiuti classificabili, di fatto, come “speciali”. Un’ultima, ma non trascurabile, criticità

ambientale riguarda l’aumento di traffico su gomma - si prevedono 100 autoarticolati in più al giorno -

che interesserà le strade nei dintorni dell’impianto: a tutt’oggi, infatti, non risulta in realizzazione il

collegamento ferroviario previsto inizialmente dal progetto (nonostante la vicinanza di un importante scalo

merci).

Dal punto di vista economico, a fronte di un trascurabile apporto alla rete del teleriscaldamento, il costo

totale dell’inceneritore del Gerbido si aggirerà intorno ai 503 milioni di euro, di cui 413 prestati dalle

banche dietro la garanzia di bruciare almeno 421 mila tonnellate annue di rifiuti per 20 anni. Cifre,

queste, che fanno temere una progressiva riduzione d’impegno, da parte degli enti pubblici, nel

raggiungimento degli obiettivi della raccolta differenziata, dato che, una volta entrato in funzione, l’impianto

dovrà funzionare “a pieno ritmo” per permettere un conveniente ritorno sull’ingente investimento

effettuato (per di più in un periodo di crisi come quello che stiamo attraversando).

Ulteriori dubbi nascono in relazione alla delibera, recentemente approvata dal Consiglio Comunale di Torino,

sulla creazione della società “FCT Holding Srl” (Finanziaria Città di Torino). La finanziaria collocherà sul

mercato il 40% delle quote di alcune società acquisite, fra cui TRM Spa, a cui è stata affidata la

progettazione, costruzione e gestione dell’inceneritore. L’ingresso di soggetti privati - la cui ricerca del

profitto potrebbe confliggere con l’interesse pubblico proprio in un ambito così delicato come lo smaltimento

dei rifiuti - pone punti interrogativi sull’adeguatezza dei monitoraggi e degli interventi di manutenzione

che verranno condotti al Gerbido.

Ci sono molti motivi per dire “no” all’incenerimento dei rifiuti, un metodo che, in presenza delle valide

alternative esistenti, risulta dannoso e ormai superato, come hanno ormai compreso le autorità competenti di

molti Paesi dell’Unione Europea (Germania in testa), dove da tempo non vengono più costruiti nuovi

inceneritori. In Italia si continua, tuttavia, a scegliere questa strada, poiché la costruzione degli impianti

d’incenerimento viene inconsapevolmente finanziata dai cittadini attraverso un contributo del 7% sulla

bolletta della luce. Questo incentivo dato dallo Stato, chiamato CIP6, è illegale per l’UE, la quale ha

avviato una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, che sarà presto sanzionata con una multa.

LE PETIZIONI POPOLARI sono scaricabili dal sito internet www.noinctorino.org, dove si possono anche

trovare le istruzioni per la raccolta firme e i documenti di approfondimento sulle ragioni del “no”

all’inceneritore del Gerbido. È possibile firmare o consegnare i propri fogli firmati ai banchetti allestiti

settimanalmente in Torino e nei Comuni limitrofi, oppure alle riunioni del coordinamento.

Ufficio Stampa

Coordinamento No Inceneritore Rifiutizero Torino

Tel. 370.710.18.55

E-mail stampa.rifiutizerotorino@gmail.com

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